La tecnica FUT, acronimo di Follicular Unit Transplantation, rappresenta una delle prime metodologie chirurgiche consolidate per il trapianto di capelli. Spesso definita anche “tecnica Strip”, si basa su un principio tanto semplice quanto chirurgicamente complesso: prelevare una sottile losanga di cuoio capelluto dalla zona occipitale, ovvero quella parte della testa geneticamente resistente alla caduta, per poi estrarre da essa le singole unità follicolari da reinnestare nelle aree diradate.
Questa metodica è nata in un’epoca in cui la calvizie veniva affrontata in modo più invasivo e meno personalizzato rispetto a oggi. Tuttavia, la FUT ha segnato una svolta nella chirurgia tricologica, perché ha introdotto un approccio più scientifico al concetto di densità, direzione e naturalezza dell’impianto.
La sua peculiarità non sta solo nel tipo di prelievo, ma anche nella lavorazione altamente meticolosa dei follicoli sotto microscopio. È una tecnica chirurgica che richiede precisione, esperienza e un lavoro d’équipe accurato. Oggi, nonostante l’avvento di alternative più moderne, la FUT mantiene una funzione importante in quei casi dove è necessario massimizzare il numero di innesti disponibili in una singola sessione, specialmente nei quadri di alopecia più avanzati.
Quando si sceglie la tecnica FUT: indicazioni e casi ideali
Quando l’obiettivo è ottenere un numero elevato di innesti in una sola seduta, condizione frequente nei casi più estesi di alopecia androgenetica o diradamenti avanzati, la FUT si rivela particolarmente utile. Questo la rende una soluzione per casi specifici e non universale: non è pensata per chi cerca un ritocco estetico localizzato o per chi porta tagli di capelli rasati.
Il paziente ideale per la FUT ha una zona donatrice ampia e densa, con un cuoio capelluto elastico e una buona qualità del tessuto. È disposto ad accettare una cicatrice lineare nascosta tra i capelli più lunghi, in cambio di un risultato potenzialmente più corposo.
Spesso è indicata per chi ha già effettuato un precedente trapianto e desidera aumentare ulteriormente la copertura, oppure per chi necessita di una quantità di grafts che tecniche più recenti, come la FUE, faticano a garantire in un’unica sessione.
Come si svolge un autotrapianto FUT
L’intervento si articola in tre momenti chiave: prelievo, preparazione e innesto.
Tutto inizia dalla zona donatrice, solitamente l’area occipitale, da cui il chirurgo estrae una sottile striscia di cuoio capelluto. L’incisione è calibrata sulla quantità di capelli necessari, e viene subito suturata con punti chirurgici precisi, pensati per favorire una guarigione lineare e ridurre la visibilità della cicatrice.
Segue un’altra fase importante: la losanga prelevata viene affidata a tecnici esperti, che al microscopio isolano manualmente le unità follicolari, rispettandone integrità e vitalità. Questo passaggio richiede concentrazione assoluta e gesti micrometrici.
Infine, si passa alla zona ricevente. Il chirurgo esegue micro-incisioni seguendo la naturale inclinazione dei capelli, per assicurare un risultato armonioso e realistico. Le unità follicolari vengono quindi innestate una ad una, con l’ausilio di pinzette chirurgiche e una grande sensibilità manuale.
Quanti bulbi possono essere trapiantati con la tecnica FUT
Uno dei principali punti di forza della tecnica FUT è la possibilità di ottenere un numero elevato di unità follicolari in un’unica sessione, ma la quantità esatta dipende da molteplici fattori, non solo dalla larghezza dell’incisione.
La strip prelevata dalla nuca può arrivare fino a 25 cm di lunghezza e 3-4 cm di altezza, ma non è la dimensione a determinare da sola l’efficacia dell’intervento. Conta, e molto, la densità follicolare del paziente: più capelli ci sono per centimetro quadrato, più innesti si potranno ricavare. In media, da una losanga ben calibrata si possono ottenere tra le 2.000 e le 3.000 unità follicolari, ciascuna composta da 1 a 4 capelli.
La qualità della separazione al microscopio gioca un ruolo cruciale: ogni graft dev’essere isolato senza danneggiare la radice, per garantirne l’attecchimento. Non tutti i follicoli della strip, però, risultano utilizzabili—una parte viene scartata per mantenerne alto lo standard qualitativo.
Cosa aspettarsi dopo l’intervento
Il post-operatorio della tecnica FUT è un momento delicato, ma gestibile con le giuste attenzioni. A differenza di approcci più moderni, il trapianto Strip richiede un po’ più di pazienza: la ferita nella zona donatrice viene suturata e necessita di circa due settimane per una guarigione completa. Durante questo periodo, è normale avvertire un leggero fastidio o tensione nella zona occipitale, sintomi fisiologici dovuti all’incisione chirurgica.
La rimozione dei punti avviene in ambulatorio e non lascia particolari segni se la sutura è stata eseguita correttamente. La cicatrice lineare, però, sarà permanente, e va considerata soprattutto da chi è solito portare tagli molto corti.
Nonostante l’intervento sia di tipo chirurgico, il ritorno alla vita quotidiana è piuttosto rapido: molti pazienti riprendono le proprie attività anche il giorno successivo, evitando però sforzi intensi, esposizione al sole e sport per almeno due settimane.
I nuovi capelli iniziano a spuntare dopo circa 3-4 mesi, seguendo il naturale ciclo di crescita. Il risultato finale, stabile e definitivo, si apprezza pienamente nell’arco di 9-12 mesi. La convalescenza, quindi, è un percorso graduale ma necessario per dare forma concreta al cambiamento desiderato.
Vantaggi e svantaggi della tecnica FUT
Il vantaggio più evidente della tecnica FUT è la capacità di offrire un numero elevato di unità follicolari in una sola sessione, ideale per coprire vaste aree calve con una densità omogenea. Questo la rende una tecnica strategica nei casi di alopecia avanzata, dove l’obiettivo è massimizzare la resa senza dover ricorrere a più interventi.
Inoltre, la FUT è spesso preferita quando la zona donatrice ha caratteristiche molto specifiche — ad esempio, un’elevata densità ma superficie limitata — perché consente di ottimizzare la raccolta di bulbi senza stressare troppo il cuoio capelluto.
Tra gli svantaggi, però, si annoverano l’invasività dell’intervento, il tempo di recupero più lungo rispetto ad altre tecniche e soprattutto la presenza di una cicatrice permanente nella zona occipitale. A livello estetico e psicologico, questo può influenzare la soddisfazione finale, soprattutto nei pazienti giovani o abituati a portare tagli corti.
Possibili rischi e complicanze: cosa sapere prima di scegliere
Sebbene il trapianto di capelli con tecnica FUT sia considerato sicuro e collaudato, come ogni procedura chirurgica non è privo di rischi.
Il primo aspetto da considerare è legato alla fase di prelievo: l’incisione sulla zona donatrice, se non eseguita correttamente o se gestita male nel post-operatorio, può dare origine a infezioni, cicatrici ipertrofiche o tessuto fibrotico. Questo può compromettere non solo l’estetica, ma anche eventuali interventi futuri.
Un altro rischio è legato alla manipolazione dei follicoli: durante la separazione al microscopio, è essenziale preservare l’integrità delle unità follicolari. Se danneggiate, possono non attecchire, riducendo l’efficacia complessiva del trapianto. Da qui l’importanza di un team tecnico altamente specializzato.
Infine, non va trascurato il rischio “invisibile”: quello legato alla scelta di strutture non qualificate o low-cost. La tentazione del risparmio può tradursi in ambienti poco controllati, personale inesperto e assenza di follow-up clinico.
Quanto costa un trapianto con tecnica FUT
A differenza delle semplici offerte “a pacchetto” che si trovano online, un intervento ben pianificato tiene conto di fattori come l’estensione dell’area da trattare, il numero di innesti richiesti, la complessità tecnica del caso e l’esperienza del chirurgo.
Indicativamente, in Italia i prezzi possono oscillare tra i 2.000 e i 7.000 euro. Le sessioni più contenute, pensate per piccoli diradamenti, sono naturalmente più accessibili, mentre i casi avanzati – che richiedono un numero elevato di unità follicolari – comportano un investimento maggiore. Ma attenzione: un prezzo basso non sempre equivale a un buon affare.
In questo campo, risparmiare può voler dire rinunciare a garanzie sanitarie, a un’assistenza post-operatoria accurata e alla supervisione diretta del medico chirurgo. È quindi più corretto parlare di “valore” e non solo di “costo”.